giovedì 13 gennaio 2011

Ebbene sì...

,,, doveva accadere.
E, come capita di solito alle cose che devono accadere, è accaduto: io e Uomo ci siamo lasciati.
Ma mica in un giorno normale, di quelli che quando vai a dormire la sera pensi "mmh, vediamo, oggi ho rischiato il tamponamento sulla Tiburtina, mi si è rotta l'unghia dell'anulare destro, mi è quasi sembrato di vedere un UFO ma non sono tanto sicura, ho trovato due sorprese nel pacco di patatine, mi sono lasciata con Uomo, ho messo a caricare la lavatrice per domani". No. Ci siamo lasciati il 30 dicembre, vale a dire il giorno prima dell'ultimo dell'anno, ché se capitava il giorno dopo almeno lo potevo lanciare dalla finestra nel rispetto della tradizione che vuole che si butti via qualcosa di vecchio.

In realtà, tra i miei amici il totoscommesse era partito già da agosto, dividendoli nella fazione "tanto non arriva al panettone" contro quella "secondo me non arriva neanche a mercoledì prossimo".
Le avvisaglie c'erano: per esempio, il giorno di ferragosto, mentre giocavamo a Monopoli e lui è capitato sul Parco della Vittoria completo di casette di un mio amico che era praticamente quasi in bancarotta, tutti siamo scoppiati a ridere assistendo alle manifestazioni di gioia del quasi-bancarottato, che si è prodotto in uno spettacolo degno del miglior rito della fertilità tribale. Tutti ridevamo, sì, ma solo a me Uomo si è rivolto, rosso in viso, urlando "sei una troiaaaaahhhh". Pare difatti che sia un reato grave punibile con la galera in molti stati, il non tifare sfegatatamente e senza pudore per la propria dolce metà quando si gioca a giochi da tavolo.
Memorabile è anche la volta quando, in giugno, diede una sonora capata contro il cofano aperto della macchina mentre io e il mio amico parlavamo poco più in là. Dopo averlo sentito smadonnare per una manciata di secondi, mi sono avvicinata per accarezzargli la schiena, e lui mi ha spinta di lato in malo modo ingiungendomi "e levate!".
Cose così, insomma, che nella mia testolina terremotata accendevano sempre di più la spia del dubbio che, forse, lui non era così innamorato, o che forse non eravamo esattamente fatti l'uno per l'altra.
Però io sono una donna tenace, che non si tira indietro di fronte a niente: d'altra parte ho quasi trent'anni e la nonna mi ha insegnato che le cose non cadono dal cielo, ma vanno costruite.
Difatti la nostra storia è continuata, con me che ho cominciato ad adeguarmi graziosamente alla situazione perdendo la pazienza e sbroccando ogni volta che potevo, così, giusto per non farlo sentire solo nei suoi ingiustificati e improbabili scatti d'ira.
E poi, che diamine, ci ho messo anche un po' di creatività, rimanendo giusto un pelo al di qua dei confini del lecito ogni qualvolta si presentava qualche altro essere di sesso maschile che mi corteggiava. Cosa che non avevo mai immaginato prima, né tanto meno sperimentato, essendo io di una fedeltà quasi claustrale.

La logica spingerebbe a domandarsi "ma allo' che cacchio ci stavate a fare, insieme?".
La risposta sta appunto nelle parole della nonna di cui sopra, e nella comune intolleranza verso il "consumismo sentimentale" (questa cosa qua immaginatevela detta dalla Arcuri, mi raccomando), per cui pensavamo che, essendoci comunque molte cose belle nel nostro rapporto, avremmo solo dovuto impegnarci meglio, fallire meglio, e riprovarci ancora meglio.
Nel mio caso, questo sistema è stato una catastrofe intergalattica: perché bastava una rispostaccia per farmi immediatamente virare dall'"amore voglio passare tutta la vita con te in fondo che ci vuole basta solo essere comprensivi " all'"aspettami qua, non ti muovere, vado ad affittare un rullo compressore col quale passarti sopra due o tre volte in prima e retromarcia, ma torno subito". Il rapporto era stabile come la pila di bicchieri pentole e piatti sporchi nel mio lavandino dopo una cena a quattro portate per sei persone.

E poi, quello che doveva succedere, come di solito succede, è successo (ma non sul ce... vabbè, mi astengo, vi risparmio l'orrida battuta) ( è che sto passando troppo tempo col mio pessimissimo migliore amico, in questi giorni, e certe cose mi vengono spontanee).

Il punto è che non so se sia l'età, ma è come se da un lato ci fossero tutti gli aspetti razionali, logici, pragmatici (adulti...) di un problema, e dall'altro tutto quello che c'è di viscerale, passionale, di pancia (istintivi...). E io sto là, sospesa a quattro metri da terra, che per sopravvivere ci faccio la spaccata in mezzo.
L'analisi più fetecchia che mi è venuta in mente, è che sento il peso della responsabilità, che non guardo più alle cose con l'incosciente leggerezza di qualche anno fa, insomma che sto diventando una vecchiaccia sclerotica che non riesce più a commuoversi alle manifestazioni, che non si sente battere il cuore ai concerti, che analizza tutto in termini di funzionalità e resa effettiva.
Ma poi una vocina, dentro, mi ha chiesto se per caso non fosse tutto il contrario: se le presunte sensazioni di pancia, i colpi di testa da filmone hollywoodiano, non fossero che capricci, boicottaggi, scuse che trovo a me stessa per non crescere.
E, a quel punto, altro che spaccata a quattro metri da terra.
Contorsionismi su un treno frecciarossa che deve recuperare un ritardo di venti minuti per un guasto a Firenze Centrale, signore mie! E senza mani!

1 commento:

  1. Lo spingerti di lato in mail modo è stato il gesto più infelice che egli potesse fare :(

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